martedì 7 agosto 2012

Victor Mutethia


Cosi’ e’ stato chiamato dagli infermieri del Meru General Hospital dove il piccolo e’ stato accolto per due giorni prima del trasferimento a Chaaria.
Lo abbiamo accolto oggi. Sr Anselmina Karimi di Nkabune che ce lo ha portato, ci ha anche raccontato un po’ della sua storia.
Pare sia nato tre giorni fa in una foresta delle montagne del Meru, nella zona di Marimba. Dopo  essere venuto alla luce, e’ stato abbandonato in tutta fretta dalla mamma, che non si e’ preoccupata nemmeno di tagliare il cordone. Lo ha invece coperto di foglie e di frasche, prima di dileguarsi.
E’ stato il pianto di Victor ad attirare l’attenzione di alcuni contadin, che hanno trovato il piccolo immerso nel sangue ed ancora attaccato alla placenta.
Non avendo alcuna conoscenza medica, essi hanno legato il cordone con un filo di lana, e lo hanno poi sezionato usando una panga. Gli hanno quindi dato latte di mucca diluito con acqua.
Da Marimba si sono poi diretti al Meru Hospital, dove il piccolo ha ricevuto i primi soccorsi. Sr Anselmina e’ stata quindi chiamata dalla polizia affinche’ l’orfanotrofio di Nkabune se ne prendesse cura.
La lunga collaborazione tra Nkabune e’ Chaaria ha quindi spinto la suora a venire direttamente da noi senza neppure darci un preavviso, sicura che non avremmo detto di no.
La sua storia ci ha naturalmente stretto il cuore ed immediatamente lo abbiamo accolto nel nostro piccolo orfanotrofio.
Victor e’ in buona salute, anche se ci sono segni di sepsi del cordone ombelicale.  Gia’ al Meru General avevano iniziato l’antibioticoterapia con amoxicillina.
La nostra paura, viste le condizioni del parto, e considerato il modo in cui il cordone e’ stato sezionato, e’ quella del tetano neonatale: non appena possibile secondo le linee guida internazionali provvederemo alla vaccinazione con il “pentavalente” (che contiene anche anti-tetanica).
Il test HIV e’ invece risultato negativo.
Il bambino si nutre di latte in polvere con voracita’ e pesa 2800 grammi.
Benvenuto, caro Victor!
Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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