Lavoriamo quasi sempre in generatore; siamo pieni di gioia quando la corrente torna, ma ritorniamo in depressione quando se ne va di nuovo dopo appena qualche minuto; inoltre spesso devo chiedere loro di sospendere le ecografie per poter spegnere i motori a diesel per qualche minuto, temendo di sfiancarli completamente e di rimanere anche senza unita’ autogena.
sabato 20 aprile 2013
Benedetta e Sergio
Lavoriamo quasi sempre in generatore; siamo pieni di gioia quando la corrente torna, ma ritorniamo in depressione quando se ne va di nuovo dopo appena qualche minuto; inoltre spesso devo chiedere loro di sospendere le ecografie per poter spegnere i motori a diesel per qualche minuto, temendo di sfiancarli completamente e di rimanere anche senza unita’ autogena.
Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.
Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.
Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.
Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.
Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.
E poi, andare dove?
Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.
Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.
Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.
Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.
Questo è quello che facciamo, ogni giorno.
Fratel Beppe Gaido
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