Quando ero studente si diceva che in Africa le neoplasie sono molto rare.
Lavorando qui per anni ormai, e facendo esperienza anche in zone ancora piu’
difficili, come per esempio il Sud Sudan, mi sono reso conto che questa
affermazione era viziata in partenza.
a) Il primo problema e’ rappresentato dall’abilita’ diagnostica in Africa:
pensando a certi villaggi sperduti, alla poverta’ che vi regna, per esempio in Sud
Sudan, ma anche in certe aree vicine a noi, e’ evidente come i dispensari
locali non abbiano la capacita’ di “trovare” un tumore.
Quasi sempre queste strutture si limitano a poche diagnosi, spesso di
natura infettiva. Cio’ da una parte porta ad una sovraestimazione di certe
patologie: ogni forma di febbre per esempio e’ considerata malarica ed ogni
diarrea viene curata come amebica o secondaria a tifo addominale (Widal positivo).
Dall’altra si perdono per strada le diagnosi piu’ complesse, sia perche’ non
ci sono medici nei servizi piu’ periferici, sia soprattutto per mancanza di
strumenti diagnostici quali ecografia, TAC, colon o gastroscopia, biopsia, PAP
test, colposcopia, ecc. E anche quando queste ultime sono disponibili, sono
spesso cosi’ costose da essere al di fuori delle possibilita’ economiche di
molte persone.
b) Il secondo elemento da tenere in considerazione e’ l’eta’ media: e’
chiaro che molti tumori diventano piu’ frequenti con l’invecchiamento. In
societa’ in cui la mortalita’ infantile e’ ancora decisamente alta, ed in cui
l’eta’ media non supera i 40 anni, vuoi per la pandemia HIV, vuoi per l’alta
mortalita’ perinatale (il caso del Sud Sudan), e’ evidente che molte persone
muoiono per altre ragioni, prima di poter sviluppare un tumore.
Ma e’ comunque chiaro che anche i giovani sviluppano neoplasie, e ne stiamo
diagnosticando sempre di piu’. Pensiamo solo al caso di Lina o a quello di
Charity, affette rispettivamente da sarcoma del volto e da tumore del
nasofarige nell’eta’ adolescenziale.
Ricordiamo anche Joshua, affetto da linfoma di Burkitt quando aveva 6 anni,
o a Jonathan che e’ morto di leucemia linfatica acuta.
Questo scritto ha le caratteristiche di una comunicazione descrittiva e
quindi non riesco a presentarvi dei dati numerici per supportare quanto dico,
almeno per il momento.
Ciononostante il dato che ultimamente e’ emerso con prepotenza e’ l’alto
numero di carcinomi dell’esofago, soprattutto nelle popolazioni di etnia
Borana, Turkana, Rendille e Somala.
Normalmente si tratta di un tumore dell’esofago distale, ormai in fase
molto avanzata, tanto da aver gia’ causato stenosi totale ed impossibilita’
alla nutrizione.
Per il tumore dell’esofago nelle etnie descritte non abbiamo alcuna idea
sulla possibile eziologia, anche se ci sono varie teorie: l’alimentazione a
base di polenta mangiata caldissima, il cucinare con fuoco a legna in capanne
senza camino e quindi respirando una enorme quantita’ di fumi, forse qualche
cancerogeno nelle fonti di acqua.
Anche il carcinoma dello stomaco sembra in notevole aumento, e questo dato
non pare essere correlato con alcuna etnia in particolare.
Altra neoplasia decisamente frequente e’ il tumore maligno del fegato o
epatoma. Le ragioni possono essere molteplici. Prima di tutto si deve
considerare che c’e’ un’alta prevalenza di epatite B cronicizzata fin dai primi
anni di vita. Come sappiamo, questa infezione porta spesso alla cirrosi epatica
ed in seguito anche alla cancerizzazione (il cosiddetto cancro-cirrosi).
Molti sono anche i casi di cirrosi da altre cause, come per esempio,
l’abuso di sostanze alcooliche, o la bilharziosi. Anche in questo caso ci puo’
essere la possibilita’ di un epatoma sovraimposto.
C’e’ poi il fatto che a volte in Africa si mangiano arachidi crude o poco
cotte. Queste a volte sono contaminate da un fungo che produce una sostanza
cancerogena per il fegato, chiamata aflatossina.
Frequenti sono anche i casi di linfoma, e di leucemia. In questo caso pare
che la causa possa essere ricercata in un effetto cangerogenico di coinfezione
tra Plasmodio della malaria e virus di Ebstein-Barr (EBV virus)
Nelle donne sono in aumento sia il carcinoma della mammella (abbiamo fatto
una mastectomia totale ad una ragazza di 26 anni con un istologico positivo),
sia quello dell’ovaio, sia quello della cervice uterina.
Per il ca della cervice e’ ormai universalmente risaputo che esiste uno
stimolo carcinogenico da parte dell’HPV (human papilloma virus), assai comune
nelle nostre pazienti.
Ci sono poi sporadici casi di carcinoma del prodotto del concepimento
(coriocarcinoma e mola invasiva), e di tumore maligno dell’endometrio (quest’ultimo
soprattutto nella donna anziana).
La pandemia HIV ha portato ad un aumento importante dei casi di sarcoma di
Kaposi.
Anche il gozzo, pur essendo in se’ una patologia benigna e molto frequente
soprattutto fra le popolazioni del Nord del Kenya, e’ spesso associato a delle
forme tumorali, stranamente piu’ nel giovane che nell’anziano.
Con il prolungamento della vita media, sempre piu’ comune sta diventando il
riscontro di un tumore della prostata.
Altre diagnosi via via piu’ frequenti sono quelle di osteosarcoma, di PNS
tumour (post-nasal space tumour= un sarcoma molto maligno del rinofaringe), di
carcinomi del retto-ano, di carcinomi della lingua e della bocca.
Come potete vedere, anche se i dati presentati sono solo di carattere
descrittivo, ne deriva un quadro che non e’ molto diverso da quanto troviamo in
Europa… e questo sfata completamente il mito secondo cui non ci sono tumori in
Africa.
L’impressione generale e’ che ci sia una maggior incidenza di tumori dei
globuli bianchi (linfomi e leucemie) e di neoplasie esofagee, rispetto ai Paesi
Occidentali.
I tumori per le popolazioni povere sono un dramma ancora maggiore, perche’
qui l’assistenza sanitaria generalmente non e’ gratuita e gli interventi
chirurgici, la chemio e la radioterapia sono cosi’ costose che molta gente
preferisce abbandonarsi al destino, piuttosto che iniziare una cura che poi non
sara’ in grado di completare a causa di difficolta’ economiche.
Le foto si riferiscono rispettivamente ad un GIST in bambino di 14 anni, ad
un enorme sarcoma della gamba in bambino di 16 anni e ad un intervento di
enucleazione dell’occhio per retinoblastoma.
Fr Beppe
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