Oggi è la giornata missionaria mondiale, e quindi sentiamo che oggi è un po’
anche la nostra festa. E’ la festa dei missionari.
Molti spesso mi chiedono che cosa significa che sono un “Fratello”.
Tento una risposta, anche se so che sarà molto parziale.
La nostra vita si puo’ sintetizzare in una frase: noi siamo consacrati a Dio nel servizio dei piu’ poveri.
Consacrati significa “messi da parte
per Lui”: ecco perche’ non ci facciamo una famiglia. Ecco perche’ possiamo
essere inviati in qualunque parte del mondo: esattamente perche’ Dio nessuno ce
lo puo’ togliere. Ce lo portiamo nel cuore dovunque andiamo... e ci proponiamo
di vivere con Lui e per Lui.
E dove lo troviamo il Dio a cui abbiamo dedicato la vita? Certamente nella
preghiera, nella Sacra Scrittura, nei Sacramenti e soprattutto nell’Eucarestia.
Ma c’e’ un luogo sacramentale
particolarmente importante per noi Fratelli del Cottolengo: i poveri.
Essi
per noi sono la presenza concreta di Dio. Stando con loro, mettendoci al loro
servizio, noi possiamo stare con il nostro Signore, servirlo, e contemplarlo.
Ecco perche’ penso al Fratello Cottolenghino soprattutto come ad un
contemplativo, anche se lavora come un disperato dal mattino alla sera: noi
abbiamo la possibilita’ di avere Gesu’ tutto il giorno nelle nostre mani. Sta a
noi decidere se dargli le briciole, o se seguire l’indicazione del Santo
Cottolengo a “sacrificare la salute, ed anche la vita per Cristo che vive nei
poveri e nei sofferenti”.
Ecco un’altra definizione della nostra vita: separati e totalmente dedicati
al Signore che soffre anche oggi nei piccoli; a loro donati fino al “sacrificio
della nostra vita”.
Questo e’ un ideale altissimo che richiede costante grazia e forza
dall’Alto: ecco perche’ il Cottolengo ci ricorda che la preghiera e’ il primo e
piu’ importante lavoro della Piccola Casa... una preghiera che inizia in
cappella, ma che si estende lungo tutto l’arco della giornata al letto di chi
soffre.
Vi chiederete cosa significa il nostro nome: perche’ ci chiamiamo Fratelli?. Mi sembra di poter rispondere in
tre tempi: noi siamo Fratelli di Gesu’, Fratelli tra di noi, e Fratelli dei
poveri.
1) Fratelli di Gesu’, che desideriamo imitare; a cui vogliamo somigliare;
i cui insegnamenti intendiamo seguire alla lettera (pur con i nostri limiti di
creature ferite dal peccato).
2) Fratelli tra di noi: infatti la nostra vocazione ci chiama a vivere
insieme, a condividere tutto quello che abbiamo, a testimoniare che la
fraternita’ e’ possibile, anche tra persone di eta’, cultura, razza ed
estrazione sociale molto diverse.
3) Fratelli dei poveri, che facciamo entrare nella nostra vita e che
sentiamo parte di noi. Non solo fruitori dei nostri servizi, ma membri della
nostra famiglia.
Credo siappiate poi che i Fratelli hanno tre voti:
a) La castita’ ci chiama ad un amore puro ed universale, che
mette Dio al primo posto, ed in lui ama il prossimo senza misura, senza secondi
fini, e senza i limiti che una famiglia umana imporrebbe: come farebbe un
Fratello ad essere disponibile 24 su 24 se dovesse sempre pensare ai figli ed
alla moglie che ha lasciato a casa? Come potrebbe accettare un cambio di
Continente per andare a servire Gesu’ nei poveri?
b) La poverta’ ci libera dal desiderio di possedere e di
accumulare, e ci porta a considerare che tutto quello che abbiamo appartiene ai
poveri e deve essere utilizzato per il loro bene. La poverta’ ci salva anche
dalla superbia, perche’ noi non possediamo neppure gli altri: per cui un
Fratello presuntuoso, arrogante, dittatore e possessivo nei confronti del
prossimo, certo gia’ manca al voto.
c) L’obbedienza ci inserisce in un progetto che e’ comunitario;
ci ricorda che “annunziare la Buona Notizia” ai poveri non e’mai l’affare di un
singolo, ma e’ sempre un lavoro di gruppo, che necessariamente va coordinato e
guidato per evitare la dispersione. Obbedienza e’ anche accettare di morire al
nostro punto di vista per accogliere la croce che ci deriva dal sottoporci a
decisioni che magari ci fanno soffrire... E perche’ tutto questo?
Siamo dei sado-masochisti?
Niente affatto!
Anche qui si tratta di quella imitazione di Cristo che e’ il centro della
nostra vita. Gesu’ ha salvato il mondo rinunciando alle proprie paure ed alla
propria volonta’, e, nell’obbedienza, ha bevuto il calice amaro della
sofferenza. Se noi siamo suoi discepoli, immamorati di lui, possiamo forse
seguire una strada diversa?
Ecco la nostra missionarieta’: portare ai piu’ poveri la Buona Notizia che Dio e’
Padre, che si prende cura di loro con tenerezza; che ha mandato noi come suoi
messaggeri. Diventare loro Fratelli,ed insieme come comunita’, cercare di
alleviare le loro pene. Chiedere ogni giorno a Gesu’ di darci la forza per
riconoscerlo in chi e’ abbandonato, e per non tradirlo con le nostre
incoerenze.
Siamo dunque dei predicatori del
Vangelo?
Io credo proprio di si’. Predichiamo il Vangelo in modo silenzioso e concreto,
con una vita spesa quotidianamente per il Signore e per il prossimo.
Predichiamo con la vita, con le mani e con il sudore della nostra fronte, più
che con le parole.
Con questi pochi pensieri, auguro a tutti una buona giornata missionaria.
Pregate per noi e per tutti i poveri del mondo.
In questo momento preghiamo soprattutto per le nazioni affette dall’ebola,
per tutti coloro che sono morti a causa del virus e per tutti quelli che hanno
perso le persone più care in questa tremenda epidemia che non accenna ad
autolimitarsi.
Fr Beppe Gaido
Nessun commento:
Posta un commento