Sono per noi una delle
emergenze più frequenti ed insieme più scoraggianti.
Sovente ci troviamo di
fronte a bambini ustionati molto profondamente e su estese percentuali della
superficie corporea.
Le ustioni sono sempre da
considerare casi con prognosi molto riservata, soprattutto in età pediatrica.
Le prime ore dopo il
ricovero sono quelle in cui il nostro compito è rianimare i pazienti che
rischiano di morire a causa dello shock e della disidratazione: si tratta
quindi di somministrare dosi eroiche di infusioni endovenose elettrolitiche,
sempre bilanciando il fabbisogno idrico con il rischio di sovraccarico.
Altro punto basilare è
poi lottare contro le infezioni che sono sempre alle porte, avendo l’ustione
aperto delle ampie superfici corporee all’ingresso dei germi: ci dobbiamo
affidare agli antibiotici e sovente ad ampie toelette chirurgiche con rimozione
del tessuto necrotico.
La medicazione quotidiana
della zona ustionata è spesso un calvario di dolore fisico per il malato e di
stress psicologico per l’infermiere.
E’ infatti angosciante
dover medicare ogni giorno un bambino che urla disperato per almeno mezz’ora
durante le tue azioni cliniche; un bambino che poi impara rapidamente quello
che gli farai anche l’indomani e che quindi inizia a piangere ancora prima che
tu entri in camera. Tu sei il cattivo che provoca dolore, e non c’è modo che tu ti possa avvicinare
senza suscitare le sue grida. Il paracetamolo e quel po’ di valium che
pratichiamo preventivamente prima della medicazione aiutano onestamente ben
poco a calmare il dolore.
Ma il tracollo delle
condizioni cliniche di un ustionato può capitare in ogni momento, anche se
tutto è stato fatto secondo i canoni della medicina.
Non è infrequente il caso
di una inaspettata insufficienza renale acuta, causata dalla lisi muscolare
secondaria all’ustione: non te la aspettavi perchè eri stato tempestivo ad
idratare il malato, e quindi pensavi di aver protetto i reni dal danno
ischemico, ma poi vedi il paziente morire rapidamente per un danno renale che
non avevi potuto prevenire.
Con un altro bambino ci è
successa una cosa ancor più tremenda: eravamo contenti dei suoi miglioramenti e
stavamo per dimetterlo, ma improvvisamente è andata su la febbre (fino a 39.5);
è iniziata la diarrea; quindi il piccolo è sceso pian piano in uno stato di
obnubilamento sempre più profondo. Lo abbiamo lasciato alle 22, dopo l’ultimo
giro serale, in condizioni relativamente stabili... ma al mattino con
costernazione abbiamo saputo che era morto. Pensiamo si sia trattato della
sindrome tossiemica che tutti temiamo perchè non ci possiamo fare davvero
niente.
Un altro bambino piccolo
aveva delle ustioni superficiali sulla guancia, dopo che, in seguito ad una
crisi epilettica durante il pasto, era stato per qualche attimo con la faccia
nel porridge bollente. Ci sembrava una bruciatura superficiale e riguardante
un’area limitata della superficie corporea.
Purtroppo però, in quegli
attimi di incoscienza post-comiziale il piccolo aveva inalato vapori bollenti che
esalavano dal cibo appena servitogli, ed in meno di 24 ore ha sviluppato un
edema mostruoso della faccia e delle vie aeree. Per salvargli la vita abbiamo
dovuto intubarlo!
E che dire delle
contratture che spesso deformano la parte affetta anche se noi ce l’abbiamo messa
proprio tutta con le medicazioni, con le posture preventive e con la
fisioterapia. Abbiamo avuto casi di sindrome compartimentale dopo ustione
circonferenziale degli arti, ed abbiamo dovuto fare delle escatotomie
decompressive.
Altri nemici sono poi i cheloidi
e le cicatrici ipertrofiche che lasciano marchi indelebili sui nostri pazienti.
Per non parlare del fatto che le ustioni profonde distruggono lo strato cutaneo
contenente i melanociti, per cui la guarigione avviene comunque senza ripresa
del colore normale della pelle; pensate ad una giovane bambina con una ustione
profonda del volto: anche se guarisce completamente, avrà un danno cosmetico
tremendo e permanenete.
In conclusione posso dire
che le ustioni sono delle condizioni
patologiche veramente scoraggianti, che richiedono mesi e mesi di ricovero, che
ci impegnano anche emotivamente fino allo stremo, e che a volte purtroppo non
riusciamo a risolvere come vorremmo, o perchè perdiamo comunque il paziente, o
perchè le complicazioni a lungo termine si instaurano ugualmente, nonostante
tutti i nostri sforzi.
Con un buon numero di
pazienti però abbiamo avuto anche dei successi, e Njagi (nella foto) ne è un
esempio eclatante: aveva un’ustione di secondo-terzo grado che coinvolgeva
quasi il 50% della superficie corporea, ma alla fine lo abbiamo rimandato a
casa contento e ristabilito...e, cosa non da poco, non abbiamo chiesto alla
mamma nemmeno uno scellino, perchè sapevamo che la famiglia era davvero povera.
Fr Beppe Gaido
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