Sto scrivendo
l’esito della venticinquesima ecografia della giornata e sto aspettando che
Makena mi chiami per il prossimo cesareo: Jesse già sta facendo la spinale alla
paziente. Improvvisamente la sala di attesa si anima di un vociare convulso.
Rapidamente il rumore si sposta nel corridoio dell’out-patient, dove si sentono
anche suoni di percosse e schiaffi, di sedie trascinate e di bicchieri
frantumati al suolo.
Decido di chiedere
scusa al malato che sto assistendo e di correre a vedere: si tratta di un uomo,
sporco di terra dalla testa ai piedi, imbrattato di sangue a causa di una
ferita che continua a perdere dalla fronte (evidentemente è stato colpito da un
bastone). L’uomo si dimena e urla frasi sconclusionate. Vuole liberarsi dalle
corde che gli legano mani e piedi, e quasi lo fanno cadere ogni volta che tenta
un passo un po’ più lungo, mentre tutti lo spintonano. Vorrebbe picchiare
tutti: i suoi accompagnatori ed anche lo staff dell’ospedale. Non potendo
farlo, sputa in faccia a coloro che non rispettano una certa distanza di
sicurezza... nel frattempo continua a ripetere affermazioni a carattere
religioso in cui invoca Gesù di aiutarlo contro i nemici che lo circondano.
Mi avvicino e tento
un approccio un po’ diverso. Chiedo a Joseph di slegargli le mani, e assumo un
atteggiamento amichevole, dicendo al paziente di non temere, perchè noi siamo
lì solo per aiutarlo. Lo assicuro che nessuno pensa che lui sia pazzo, e che
tutti siano convinti che si tratti solo di un attacco di malaria. Però il mio
modo di comportarmi evidentemente non piace all’interessato che mi afferra per
il collo lasciandomi i segni delle unghie, e poi mi dà un ceffone tanto forte
da far volare i miei occhiali a qualche metro di distanza. Meno male che non ero
solo. I “watchmen” intervengono prontamente e lo immobilizzano al suolo... non
c’è tempo di badare al protocollo! Intanto io ordino di portare una fiala di
ipnovel e di fargliela in muscolo, perchè nessuno sarebbe riuscito a trovargli
una vena in quel momento. Anche questa operazione risulta difficilissima, con
il malato in preda ad una crisi furiosa che mette tutti a rischio e che impegna
completamente le forze muscolari a nostra disposizione. Fortunatamente però ci
riusciamo, tra uno sputo ed un calcio, e pian piano “la magica sostanza” entra
in circolo, e la persona dapprima perde forza, poi comincia ad avere problemi
dell’articolazione delle parole, e quindi cade in un sonno profondo. Ora
possiamo tutti tirare un sospiro di sollievo. Possiamo slegarlo e metterlo su
una barella per accompagnarlo alla doccia e quindi incannulargli una vena. Il
problema è che l’ipnovel durerà solo 3 ore circa, e molto probabilmente il
paziente sarà violento come prima quando si sveglierà; ma per ora devo pensare
al cesareo... poi vedremo cosa fare.
Per noi il paziente
psichiatrico è un grosso problema. Non abbiamo stanze di isolamento per loro, e
nel camerone spesso gli altri malati hanno paura; inoltre di notte quasi sempre
abbiamo uno staff infermieristico totalmente femminile, che è normalmente molto
preoccupato quando ha uno “psichiatrico-violento” in regime di ricovero. I
farmaci poi sono pochissimi: abbiamo 4 prodotti a disposizione, e tutti molto
vecchi. Usando questi rimedi chimici, è sempre problematico trovare il “giusto
mezzo”, cioè ottenere un comportamento socialmente accettabile, ma anche
evitare una sedazione eccessiva che porti il malato ad una condizione di
instupidimento o magari quasi di anestesia continua.
C’è poi il fatto
che il nostro staff è molto limitato: di notte abbiamo solo 3 infermiere per un
totale di 140 letti, oltre alla maternità e al pronto soccorso. Esse sono
coadiuvate 3 “assistenti” che potremmo chiamare OTA, se fossimo in un contesto
italiano; esse però hanno tutta la pulizia generale, la lavanderia che è attiva
24 ore su 24, e la sterilizzazione. Questo stato di cose, che non migliora
molto durante il giorno, ci obbliga spesso ad usare misure “contenitive” che in
Italia sarebbero inaccettabili: dobbiamo infatti molto spesso legare questi
malati per evitare un eccesso di sedazione, e per proteggerli sia
dall’autolesionismo, sia da altri comportamenti socialmente inaccettabili.
Ma quali sono le
cause di malattia psichiatrica in questa parte del mondo? Uno potrebbe pensare
che i disturbi psichici siano soprattutto legati al benessere, ed invece anche
qui i problemi mentali sono una “epidemia silenziosa” che continuamente
serpeggia tra la popolazione.
Certamente la
malaria ha un ruolo importante anche in questo caso, visto che una manifestazione
relativamente frequente della forma cosiddetta cerebrale è proprio l’insorgere
di psicosi in persone per il passato del tutto normali. Queste forme secondaria
a malaria spesso recuperano completamente ed assistiamo ad una totale
“restitutio ad integrum”, ma altre volte lasciano sequele psichiatriche che
durano anche tutta la vita.
Poi ci sono delle
manifestazioni di disturbo mentale secondarie al parto: sui libri vengono
classificate come psicosi post-partum: è una condizione subdola di cui magari
non ci si accorge in ospedale e che si sviluppa pian piano quando la puerpera è
già stata dimessa. Spesso viene riportata in ospedale dai parenti, dopo aver
tentato di uccidere il bambino; altre volte invece assume strani comportamenti
di cui frequentissimo è il bisogno di spogliarsi completamente in pubblico.
Ci sono anche
malattie psichiatriche vere, forme di isteria, depressioni gravi, che a volte
vengono rese più complesse da una continua mescolanza tra l’elemento medico e
quello religioso o magico. Frequente è il caso di chi si crede posseduto dal
demonio; più grave ancora è quando sono i vicini di casa a decidere che un
povero malato di mente deve essere un invasato di Satana. In questo caso è per
noi difficilissimo agire: ci sono interferenze sia da parte di sacerdoti o
pastori che invocano l’esorcismo, sia da parte delle famiglie che vorrebbero
l’intervento dello stregone per rompere la maledizione.
Ma al di là di
tutto, rimane il fatto che la società stigmatizza questi malati, per cui
frequentemente vengono abbandonati dalle loro famiglie, sospendono le terapie
impostate e finiscono per condurre una vita randagia ai bordi delle strade,
dove sovente li vedi mentre, sporchi e stracciati, cercano qualcosa tra le
immondezze. Le donne poi hanno una sorte anche peggiore, e non è raro per noi
assistere al parto di uno di questi “fantasmi umani” che ora diventa anche
mamma, ma non sa neppure di essere al mondo.
La gente prova
repulsione verso di loro. Spesso li allontana con dei bastoni, ed anche io devo
ammettere di fare tanta fatica ad accoglierli: sarà perchè, dopo essere stato
picchiato un po’ di volte, ho anche un po’ di paura. O forse sarà perchè mi
sento così tanto ignorante nei loro confronti: ho coscienza di non sapere quasi
nulla della malattia mentale; inoltre il più delle volte i nostri sforzi non
portano ad un miglioramento stabile. Probabilmente nel mio inconscio la
psichiatria non mi piace perchè non accetto “di non essere capace”, di
essere totalmente spiazzato di fronte ad un mondo così incomprensibile e tanto
difficile da gestire.
Eppure i cosiddetti
matti ci sono: non possiamo neppure lavarcene le mani dicendo che li mandiamo
al repartino psichiatrico del Meru District Hospital...
Cerchiamo quindi di
rispondere pure a questa esigenza, anche se con paura e con evidente senso di
inadeguatezza.
PS: nella foto potete vedere direttamente le
condizioni delle strade oggi a Chaaria
Fr Beppe Gaido
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