martedì 16 dicembre 2014

Carcinoma della mammella

Joyce è rimasta in ospedale solo per due giorni.
E' morta a 32 anni per un carcinoma della mammella in uno stadio di malattia cosi devastante che è difficile immaginare.
Entrambe le mammelle erano dure come pietre, con la cute caratteristicamente a buccia di arancia; gli arti superiori erano quasi inservibili perchè entrambi i cavi ascellari erano bloccati in quella corteccia lignea che aveva invaso anche i seni.
Joyce respirava malissimo ed all'eco toracica avevamo visto un versamento pleurico massivo bilaterale. Lo avevamo drenato con toracentesi per migliorare la ventilazione e darle un po' di sollievo; all'eco avevano notato che si trattava di un liquido francamente ematico.
L'ecografia addominale ci aveva inoltre rivelato anche ascite ed un fegato tempestato di formazioni rotondeggianti, quasi sicuramente metastatiche.
Joyce ci ha lasciati così in fretta!
Abbiamo soltanto potuto farle un po' di antidolorifici, e nulla più!
Un carcinoma della mammella così avanzato ed in una persona tanto giovane ci ha lasciati davvero a bocca aperta!


La storia che Joyce ci ha raccontato poi, ci ha rattristati ancora di più.
Essa proviene da un villaggio a circa 30 chilometri da Chaaria: ha avuto un eczema del capezzolo sinistro per gli ultimi 4 anni.
E' sempre andata in un dispensario vicino a casa, dove le prescrivevano costantemente una pomata di idrocortisone. A nessuno di coloro che la visitavano era mai passato per la testa che un eczema del capezzolo che non guarisce è molto sospetto di carcinoma della mammella (malattia di Paget).
E così, ancora una volta l'ignoranza dei sanitari ha contribuito in modo significativo alla morte di questa giovane donna, già di per sè tanto sfortunata da sviluppare un tumore maligno della mammella a 26 anni.
Se fossimo intervenuti con biopsia e mastectomia quattro anni fa, forse Joyce oggi non sarebbe nel nostro obitorio.
Purtroppo, tutti sappiamo che queste cose capitano e capiteranno ancora, soprattutto a chi è povero e si deve rivolgere a dispensari rurali, dove il cosiddetto dottore non ha mai una grande cultura.
Riposa in pace, povera Joyce!
Onestamente mai avevo visto un tumore del seno così avanzato in una persona giovane come te.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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