domenica 1 maggio 2016

Festa esterna di San Giuseppe Cottolengo

Ha piovuto a dirotto tutta la notte e questo ci ha fatto temere che la festa sarebbe stata un buco nell'acqua: strade tremende e praticamente impraticabili, in generatore ad oltranza perchè la luce in questi giorni è davvero erratica, tanto fango anche nel cortile dei buoni figli dove la celebrazione si doveva svolgere.
Poi, pian piano ha smesso di piovere.
Alle 10.30, con mezz'ora di ritardo sulla tabella di marcia, la Santa Messa è iniziata. Dapprima eravamo molto pochi, ma poi pian piano la gente è arrivata, nonostante il fango.
Il cortile progressivamente si è riempito, e la celebrazione è stata solenne e molto sentita.
Hanno celebrato il nostro parroco, Father John Ntoiti, e Don Giovanni Tortalla che poi ha fatto una bellissima omelia in kimeru sulla vita e spiritualità di San Giuseppe Cottolengo.
La messa è durata tre ore e mezza, secondo i costumi locali per i giorni solenni. Ne è seguito un breve rinfresco per tutti i parrocchiani con bibite e biscotti.
Nella festa di oggi c'è stato anche spazio per la solidarietà, in quanto abbiamo proposto la donazione di sangue: la risposta della gente è stata inaspettatamente positiva ed abbiamo raccolto 49 sacche di sangue...hanno donato anche i volontari.


La giornata ci ha pure dato l'occasione per uno screening anti-ipertensivo su un ampio campione della popolazione di Chaaria: tutti quelli che entravano per la messa infatti avevano la possibilità di una misurazione pressoria, ed a quelli con problemi abbiamo dato un appuntamento in ospedale per valutare la necessità di terapia.
Questa sera la festa si è conclusa con una cena fraterna per tutti noi che viviamo e serviamo a Chaaria (religiosi e volontari).
San Giuseppe Cottolengo non è solo il nostro Padre Fondatore, ma anche il Santo Patrono della Parrocchia di Chaaria, ed oggi credo che sia noi cottolenghini, sia i parrocchiani di Chaaria lo abbiano onorato sinceramente.

Fr Beppe






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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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