giovedì 21 luglio 2016

Il bimbo che mi ha tolto l'appetito

Me lo ha portato in studio suo papà.
Sulla richiesta di ecografia addominale c'era scritto che aveva sei anni, ed onestamente mi aspettavo un bambino molto più grandicello ed in grado di camminare da solo.
Invece mi sono trovato davanti un genitore che portava in braccio un bimbo scheletrico, che, occhio e croce, peserà sei o sette chili.
"Sei sicuro che il bimbo abbia sei anni?"
"Sicurissimo", mi ha risposto prontamente quell'uomo affranto ed un po' scoraggiato.
Gli arti scheletrici e la faccia scavata di quel bambino dal volto anziano facevano da contrasto tremendo con l'enorme distensione addominale. Era in braccio al babbo perchè certamente quelle gambine non lo avrebbero retto in piedi!
La prima cosa che mi viene in mente di controllare in cartella è il risultato del test HIV.
E' negativo: ci avrei quasi messo una mano sul fuoco che invece fosse positivo.
Il bimbo mi era stato mandato per ecografia addominale, e quindi questo è quanto ho fatto.
Ho chiesto al papà di depositarlo sulla barella: era flaccido e senza forze; non aveva neppure l'energia per piangere quando gli spalmavo il gel sull'addome.


Sono bastate poche passate della sonda su quella pancia dura per farmi capire il quadro clinico estremamente serio del povero bambino: ho visto infatti enormi linfonodi addominali, linfonodi grossi come pompelmi. Ne ho visti così tanti che praticamente la pancia era tutta piena di queste macchie rotonde.
Non ho avuto molti dubbi in merito alla diagnosi: ho fatto un emocromo che ha rivelato una grave piastrinopenia ed un'emoglobina vertiginosamente bassa (2 grammi).
Ora il piccolo sta ricevendo una trasfusione di sangue ed appena avremo una quantità di piastrine sufficienti per agire con un minimo di sicurezza, gli faremo delle biopsie linfonodali ecoguidate.
Sono quasi certo che si tratterà di un linfoma.
Questa potrebbe anche suonare come una diagnosi non così infausta in Italia, perchè, soprattutto il linfoma di Hodgkin, risponde perfettamente alla chemioterapia.
Qui però quasi sempre, che il linfoma sia Hodgkin oppure non-Hodgkin non fa molta differenza perchè la maggior parte delle volte la gente i soldi per la chemio proprio non ce li ha.
Perchè allora gli dovrei fare la biopsia se poi sono convinto che la terapia non se la potranno permettere?
Forse solo per dire al padre di non credere a tutti quei disonesti ciarlatani che gli prometteranno medicine miracolose e gli spilleranno i pochi soldi che ha.
La biopsia mi servirà per dirgli la verità, per proporgli l'opzione chemoterapica, e poi per sostenerlo fino alla fine con terapie palliative se i soldi per la chemio non li avrà.
Almeno lo salverò dalle arpie della sanità che gli chiederanno soldi ad ogni visita di controllo e non lo porteranno da nessuna parte!
Questo bimbo denutrito e consumato da un tumore assolutamente curabile in altre parti del mondo è una testimonianza inquietante della forbice tra ricchi e poveri, della distanza esistenziale tra chi vive in una parte del mondo in cui ci si può curare e chi è nato dove si possono curare solo quelli che hanno le finanze per farlo.
Ho un peso enorme sul cuore!
E' il secondo bimbo in queste condizioni che viene alla mia osservazione in meno di un mese: l'altra era una bambina più piccola di lui, ma ora è già in Paradiso.
Lui credo che in Paradiso ci andrà prestissimo anche se noi faremo tutto quello che possiamo per aiutarlo e per non farlo soffrire.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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