domenica 28 maggio 2017

Week end massacrante

Appena arrivato a Chaaria, Luciano mi disse:"questa volta non dovremmo avere problemi di congestione come nelle altre occasioni perche' stiamo tre settimane".
Lo guardai con occhio sornione e gli dissi semplicemente: "speriamo che tu abbia ragione".
Da allora abbiamo lavorato ogni giono come somari.
Anche oggi abbiamo operato tutto il giorno per tentare di tener testa alla valanga di pazienti che ci assillano tutti I giorni, e Luciamo mi ha detto: "prendiamola con filosofia. Abbiamo ancora 9 giorni a Chaaria e 40 pazienti gia' in reparto e non ancora operati!".
"41" gli ho risposto io", perche' poco fa e' arrivata un'altra frattura di femore".
In questi mesi la nostra attivita' ortopedica e' aumentata in maniera esponenziale, e la presenza di Luciano coincide con tutti i nostri appuntamenti per i casi piu' difficili e rognosi che da soli non siamo riusciti a operare. 
L'afflusso e' quindi vertiginoso. In aggiunta ci sono tutti I casi di chirurgia plastica per Toto, per cui la situazione e' davvero impegnativa ed a volte scoraggiante.
Iniziamo la seduta alle 7 del mattino e smettiamo alle 9 di sera, ma non riusciamo mai a finire la lista operatoria. 


In mezzo sempre capitano cesarei urgenti o altre emergenze (3 addomi acuti negli ultimi 3 giorni), che ritardano il nostro lavoro e rendono praticamente impossibile terminare la lista operatoria che ci eravamo prefissati. 
Non c'e quasi piu' tempo per il pranzo, che dura 10 minuti. Della siesta neppure parlarne. Tra un intervento e l'altro bisogna pensare al reparto, all'ambulatorio, alla diagnostica ecografica ed endoscopica.
Per non scoppiare completamente, cerchiamo comunque di riservarci almeno un'oretta alla domenica sera prima del buio. 
Chaaria ha le sue bellezze naturali che sanno ricambiarci di tutti I sacrifici e ricaricarci da tutta la fatica.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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