mercoledì 28 giugno 2017

Filippo

Carissimo Filippo,
hai toccato profondamente il mio cuore, con la tua infinita tenerezza e con la tua giovialita' scoppiettante. Hai reso l'ospedale piu' allegro.
Sei un bimbo sfortunato dalla nascita, che la natura ha voluto focomelico al braccio destro. La cosa pero' non ti pesa affatto ed usi il tuo monconcino come uno strumento piu' che adatto per giocare, per portare in giro gli aranci che ti regalano, per sostenere il piatto da cui mangi anche correndo e scorrazzando per l'ospedale.
Il fato poi e' stato ancora piu' impietoso con te, e ti ha fatto cadere nel fuoco, sfigurandoti la faccia.
Il Dr Toto ha fatto di tutto per ricostruirtela e la parte da lui operata ora e' molto meglio ora. C'e' pero' ancora molto da fare, soprattutto per aiutare i tuoi occhi cosi' maltrattati dal fuoco. Sono certo che Toto finira' il lavoro iniziato con la solita perizia.
Tu ora sei felice. Sei in ospedale con un papa' che ti adora. Sei il beniamino di tutti. Sei la mascotte dei volontari.
Alla sera ti sento cantare dolci canzoni per il tuo babbo prima di addormentarti.


Quando dal mio studio ascolto la tua vocina e le canzoni che intoni - non so perche' - mi viene sempre un nodo alla gola e mi viene voglia di piangere a squaciagola.
Il pensiero che mi passa per la mente ogni volta e' semplice: quanto durera' la felicita' di Filippo? Ora non se ne rende conto, ma cosa succedera' quando i compagni di scuola lo emargineranno per le sue diversita'?
Riuscira' mai a sposarsi e ad essere felice?
Non lo so.
Ho paura che la felicita' travolgente e spensierata di questi giorni in ospedale abbia una durata molto breve e che lascera' poi spazio a tanta sofferenza piu' in la' negli anni.
Ho sempre voglia di abbracciare Filippo perche' penso che la vita sara' molto meno tenera con lui di quanto lo sia stata finora.
Caro Filippo, con le lacrime agli occhi, ti auguro che la tua attuale felicita' possa durare molti e molti anni ancora, per per questo sinceramente prego tutti i giorni.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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