sabato 1 luglio 2017

Ce n'è sempre una di notte

La notte e’ ormai un incubo.
La maternita’ e’ in genere il nemico piu’ grande dei nostri sonni, con le sue complicazioni continue e con i suoi cesarei a raffica.
Non mancano pero’ le volte in cui vieni chiamato di notte per una trasfusione urgente per cui sono necessarie le prove cruciate, o per una pangata che ha reciso un’arteria.
E poi ci sono le notti come ieri, in cui per puro caso non ci sono stati cesarei, ne’ altre emergenze mediche o chirurgiche.
La sfortuna vuole pero’ che proprio quando mi sento sfinito e voglio andare a nanna, capita un cortocircuito che lascia la maternita’ al buio.
Quasi nello stesso momento va a fuoco nuovamente l’autoclave maggiore dell’ospedale…per la seconda volta in un mese. Un altro corto?
Non so cosa fare. Devo chiamare i nostri tecnici.
Con la congestione che lo sciopero ci provoca in maternita’, con le incubatrici sovraffollate di bimbi pretermine, non possiamo stare al buio.
E poi come fare senza autoclave?
Abbiamo interventi a ripetizione e cesarei a tutte le ore del giorno e della notte. Dobbiamo sterilizzare continuamente.


Con i tecnici riusciamo a sistemare sia la linea elettrica della maternita’ e sia l’autoclave, ma nel frattempo arrivano le tre del mattino.
L’ironia e’ che non ci sarebbero stati cesarei.
Mi alzo per la preghiera alle 6.15 ed alle 7.30 gia’ vengo chiamato per il primo cesareo urgente della giornata…finora oggi sono 9. E’ quasi mezzanotte ed esco di sala dopo l’ennesimo cesareo.
Sara’ l’ultimo?
Dormiro’ stanotte?

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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