lunedì 16 ottobre 2017

Un anno ormai

Se mettiamo insieme il primo sciopero degli infermieri nella contea di Meru, poi seguito quasi a ruota da quello di 100 giorni dei medici, a sua volta seguito a poche settimane da quello nazionale degli infermieri che dura ormai da quattro mesi, possiamo davvero dire che
Chaaria ha vissuto un anno di gravissima emergenza.
E' stato un anno particolarmente buio per la sanita'.
Ma di questo ne abbiamo gia' parlato tante volte e non intendo tediarvi nuovamente con le solite storie (purtroppo sempre vere!) di due pazienti per letto, di maternita' al tracollo, di sala operatoria infuocata e sempre in over-booking, di ambulatorio che ti massacra fino a sera tardi, di notti non dormite perche' sovente interrotte dalle emergenze, di week end mangiati dal superlavoro.
Oggi vorrei soffermarmi con tristezza sulle sofferenze della povera gente che da un anno non ha ospedali a cui rivolgersi, perche' quelli privati sono troppo cari.
Tante volte ho detto che Meru e' in una situazione fortunata perche' ci sono tanti ospedali missionari che sono rimasti aperti, anche se oberati.
Ma pensiamo che ci sono situazioni tremende in altre contee, dove, a parte l'ospedale governativo, non ci sono strutture missionarie che lavorino per il bene della gente e non per solo guadagno.
Tutto il Nord del Paese e' in questa situazione; cosi' pure molte zone del Kenya Occidentale e della Costa.
Recentemente ho ascoltato storie lancinanti dai miei pazienti di Moyale, citta' di confine con l'Etiopia.
Pensate che anche loro hanno fatto quasi 600 chilometri per venire da noi!


Mi raccontavano che le donne della zona di Moyale devono passare il confine e recarsi in Etiopia, dove il primo ospedale governativo dista 190 chilometri dal confine. Mi dicono che ci arrivano con mezzi pubblici e sovente giungono troppo tardi quando il bimbo e' gia' morto.
Mi raccontavano anche storie di donne che magari erano riuscite a partorire in Etiopia ed a tornare in Kenya con il loro bimbo vivo.
Il problema pero' si riproponeva con le vaccinazioni.
Se di qua dal confine non ci sono ospedali aperti per le vaccinazioni, e le strutture etiopi sono cosi' lontane, pochissimi hanno i soldi per tornare all'estero a far vaccinare i piccoli, che quindi rimangono esposti a molte malattie prevenibili.
E' una grande tristezza, oltre che un massacro di superlavoro per noi.
La cosa piu' triste per me e' pensare non ai troppi pazienti che condividono il letto qui in reparto, ma ai malati che muoiono a casa senza aiuto perche' lontanissimi da strutture a buon prezzo ed impossibilitati a pagare i prezzi di quelle private.
L'anno di sciopero che abbiamo alle spalle ha avuto un peso gravissimo, soprattutto sulla povera gente.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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