giovedì 23 agosto 2018

“Maximum jus, maxima iniuria”….

“Maximum jus, maxima iniuria”….
(la massima giustizia puo’ diventare la massima ingiustizia)… cosi’ si esprimevano i Romani, mentre Gesu’ si limitava a dire che “il sabato e’ fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”.
Eppure spesso ancora oggi preferiamo il sabato, e non ci rendiamo neppure conto che a volte l’osservanza del sabato puo’ portare ad ingiustizie ed a sofferenze.
L’attenzione all’uomo, alla sua storia personale, ai suoi bisogni del momento, sono la frontiera su cui anche oggi il Vangelo ci sfida.
Gesu’ sapeva benissimo che era sabato quando ha detto al paralitico: “prendi il tuo lettuccio e cammina”; avrebbe potuto attendere ancora 24 ore, e poi avrebbe potuto fare il miracolo il giorno seguente... ma in varie occasioni non l’ha fatto; su questo punto Cristo e’ stato un “trasgressore” recidivo della legge di Mose’. 
E certamente lo e’ stato ad occhi aperti, per dirci di stare attenti alle leggi, che sono si’ necessarie, ma possono portare a grossi peccati di omissione, o a scelte molto discutibili ed in certi casi pericolose. 
Anche i sommi sacerdoti che stavano preparando la condanna a morte di Gesu’ dicevano: “noi abbiamo una legge, e secondo questa legge deve morire...”
Le esemplificazioni sarebbero innumerevoli: per esempio e’ sicuramente giusto che la gente paghi quello che puo’ pagare (altrimenti gli ospedali del Terzo Mondo affogherebbero nei debiti e non sarebbero mai sostenibili)... ma se siamo troppo stretti su questa regola, rischiamo per esempio di lasciar morire di malaria dei bambini, mentre noi discutiamo ed alterchiamo con i genitori su pochi scellini.


E’ chiaro inoltre che una persona, per essere dimessa, deve aver coperto le spese del ricovero (se non ha la copertura mutualistica); ma, se si e’ troppo rigidi su questa legge, si rischia di trasformare il reparto di una lungodegenza o in un carcere... arrivando all’assurdo di non avere piu’ posti letto perche’ sono quasi tutti occupati da malati guariti ed “insolventi”.
Parlando in generale e senza puntare il dito su nessuno, so di aver assistito a delle situazioni in cui certe strutture sanitarie non hanno ricoverato delle persone per carenza di fondi, e poi questi malati sono morti in attesa di trovare i soldi. La legge era giusta (se i malati non pagano, l’ospedale chiude), ma e’ stata applicata in modo acritico, senza considerare la gravita’ del caso specifico.
Il giusto sta sempre nel mezzo... gia’ lo sapevano i grandi filosofi greci.
E’ vero comunque che e’ molto difficile trovarlo questo salomonico equilibrio; e’ inoltre fuori dubbio che e’ molto ansiogeno essere elastici, mentre la rigidita’ dell’applicazione legalista da’ sicurezza... ma credo che dobbiamo provarci.
In chirurgia diciamo che il meglio e’ nemico del bene, ma mi pare che questa legge possa essere applicata a tanti altri aspetti della vita.
Lo so che ci vogliono le leggi e che bisogna osservarle.
Lo so anche che senza di esse potrebbe esserci confusione ed anarchia.
La mia preghiera e’ comunque sempre quella di essere capace di porre il bene del singolo all’apice delle motivazioni che mi portano ad una scelta in una direzione o nell’altra. Ritengo che le leggi vadano rispettate, ma penso che le eccezioni, quando sono abbracciate ad occhi aperti e con lo scopo di rispondere ad un reale bisogno di una persona o di una istituzione, non siano mai una deroga alla confusione ed all’illegalita’, ma siano mettere “l’uomo prima del sabato”.

PS: nella foto un Kimani piu' giovincello

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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