lunedì 21 gennaio 2019

Stamattina mi presentano un paziente molto grave con storia di trauma addominale.
Sono così sotto pressione in questo periodo che non faccio altre domande riguardanti la sua storia: nella mia testa si tratta di un incidente della strada o della caduta da un albero, come di solito succede in casi del genere.
Faccio un'eco urgente, praticamente all'ingresso in ospedale: vedo che c'è del liquido in addome.
Non perdo tempo ed eseguo una puntura esplorativa: devo sapere se si tratta di sangue!
Infatti è proprio così: sangue rosso scuro riempie la mia siringa.
Non bisogna perdere tempo.
Cambiamo la lista operatoria e corriamo in sala per questa nuova emergenza.
La mia ipotesi diagnostica è di rottura di milza.
L'intervento procede bene, e la diagnosi si rivela in effetti corretta: tanto sangue in cavità peritoneale ed una milza completamente spappolata dal trauma.
La splenectomia è ormai un intervento di routine a Chaaria e finiamo abbastanza in fretta.
Mentre mi sto "slavando", in modo del tutto casuale, accenno al fatto che l'incidente deve aver causato un trauma molto violento sull'addome per ridurre la milza in quello stato.


Lo staff a quel punto scoppia a ridere:
"incidente? di cosa stai parlando? Si è trattato di una rissa. Lui ha avuto la peggio ed i suoi oppositori gli sono saltati sulla pancia con i piedi".
Mi vengono i brividi quando cerco di immaginarmi la scena; la trovo raccapricciante.
Dal nostro punto di vista comunque, la cosa importante è che gli abbiamo salvato la vita.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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