domenica 27 gennaio 2019

Un salmo che mi frulla in testa

Camminare per strada in questi giorni secchi è a volte impegnativo.
Nelle ciabatte ti entra una polvere fitta e tagliente che ti dà subito una spiacevole sensazione di caldo insopportabile ai piedi.
Negli occhi la stessa polvere brucia ed infastidisce: ti senti avvolto nella nebbia, soprattutto se ti sfreccia vicino una macchina incurante del polverone che solleva.
Respirare è talvolta difficile; provi a chiudere la bocca e a respirare con il naso, ma poi quasi subito ti viene da steanutire e riempi il fazzoletto di un muco più ocra della terra stessa.
Ieri, tornando dalla messa in parrocchia, e sperimentando ancora una volta questa polvere rossa di Chaaria che non ci lascia mai, quasi impercettibilmente ho avuto un flash back ed ho ripensato ad esperienze vissute o nelle baraccopoli di Nairobi, o in certe periferie di Mombasa, oppure anche in certi slum vicini a Meru: mi sono rivisto davanti gruppi di "street boys" che rovistano tra le immondizie, frammischiati ad adulti che dal ciarpame della discarica cercano di recuperare qualcosa da vendere...che pena vedere esseri umani che lottano coi cani randagi per strappare alle discariche qualcosa da mangiare!


E quasi impercettibilmente nella testa mi sono frullate le parole di un salmo (quale? Non mi ricordo il numero):
"Il Signore... solleva l'indigente dalla polvere, dall'immondizia rialza il misero"
Ed ho pensato tanto a questo salmo, l'ho pregato più volte a memoria; l'ho sentito come una nuova chiamata: anche io sono chiamato oggi a sollevare l'indigente dalla polvere, a dargli una dignità, a rispondere ai suoi bisogni di salute.
Pure io ho la possibilità con il mio servizio di rialzare i miseri dall'immondizia di condizioni di vita pessime, spesso rese ancora peggiori dalla malattia e dalla impossibilità di curarsi.
La polvere rossa oggi è stata per me un'occasione per rinnovare il mio impegno di donazione e di servizio verso coloro che sono nel bisogno e nella povertà.
Sentirmi immerso in essa è divenuto occasione e fonte di preghiera.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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