giovedì 21 febbraio 2019

800

In una giornata cosi' impegnativa che a mala pena riesco ancora a respirare ora che il lavoro e' finito, oggi abbiamo impiantato l'ottocentesimo chiodo di Sign.
Pur senza tempo e forza per celebrazioni esterne, il nostro cuore oggi era pieno di gioia e riconoscenza.
La situazione ortopedica a Chaariae' veramente impegnativa, ma sappiamo che stiamo aiutando tantissime persone che altrimenti non potrebbero curarsi e certamente non camminerebbero piu'.
Il caso numero 800 e' stata una frattura di tibia vecchia di due anni.
Il paziente non aveva soldi ed era stato curato solo con gesso. Era guarito in qualche modo, ma con una deformita' evidente.
A dicembre 2018 si era rifratturato la stessa tibia, probabilmente non guarita bene. Mancandogli le possibilita' economiche, non si e' fatto  mettere neppure il gesso ed ha comminato in qualche modo sulla frattura, con il risultato che la gamba si e' incurvata a scimitarra.


E' stato un intervento difficile, con tanto callo osseo anormale e con una grossa deformita' da correggere. Ci abbiamo messo quasi tre ore, invece dei 45 minuti canonici per una frattura fresca...ma siamo contenti di averlo aiutato.
Ora la sua tibia e' diritta e stabile. Domani gia' ci puo' camminare sopra.
Un sincero ringraziamento a "Sign Fracture Care International" che ci dona i chiodi endomidollari e le viti per le operazioni, ed alla "Associazione Volontari Missioni Cottolengo" che ci invia i soldi necessari per lo soganamento delle donazioni stesse.
Anche qui una sinergia davvero commovente: dall'America riceviamo gratuitamente chiodi endomidollari di altissima tecnologia; noi cerchiamo di lavorare bene e di fare tantissimi interventi di ottima qualita', e dall'Italia altri benefattori ci mandano i fondi necessari allo sdoganamento dei doni.
Grazie a nome di tutti i beneficiari, per lo piu' molto poveri, oltre che fratturati gravemente.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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