mercoledì 27 marzo 2019

Traumatologia

In questa settimana stiamo sperimentando un afflusso incredibile di casi traumatologici.
Ovviamente si tratta per la maggior parte delle volte di fratture, e ne siamo davvero sommersi.
Operiamo con sette giorni di ritardo rispetto al ricovero, e tutti I giorni la lista si allunga. Eravamo abituati ad operare una frattura l’indomani del ricovero.
Ma la traumatologia non sono solo ossa da riparare!!!
Abbiamo avuto casi anche molto seri di trauma cranico.
Per un paziente abbiamo avuto la meglio noi e lui si e’ rimesso molto in fretta dopo trapanazione cranica per ematoma subdurale.
Invece per un altro giovane omone, ricoverato per politrauma (frattura di entrambi i femori e dell’omero destro), la situazione e’ precipitate: ha cominciato a presentare convulsion continue e poi coma sempre piu’ profondo. La TAC ha rivelato multipli ematomi sia intracerebrali che epidurali. Per lui non siamo riusciti a fare nulla ed e’ morto in reparto.
Abbiamo anche avuto alcuni addomi acuti da incidenti stradali.


Tutti per fortuna sono vivi dopo l’intervento chirurgico d’urgenza: un uomo aveva una rottura di milza e sta recuperando bene dopo splenectomia; un altro paziente maschio invece aveva una peritonite urinosa da rottura della vescica: anche lui sta bene nel post-operatorio; un’altra donna ha invece subito splenectomia per rottura di milza e sta bene nel post-operatorio: lei pero’ ha anche frattura di entrambi i femori, del radio e dell’ulna destri. 
La dovremo riportare in sala appena stara’ un po’ meglio.
E’ una lotta continua contro il tempo e contro la fatica.
Oggi abbiamo operato sette fratture, oltre ad alcuni interventi di altro tipo (ernie, isterectomie e nefrectomia da tumore)…ma le nuove fratture ricoverate oggi sono dieci.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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