mercoledì 10 aprile 2019

Le conseguenze di una brutta radiografia

Abbiamo ricevuto il paziente dopo un incidente stradale.
La lastra era stata fatta in un ospedale pubblico, prima che il poveretto venisse indirizzato qua.
La qualita' dei raggi non era la migliore, ma, non avendo qui la radiologia, ci siamo fidati di quello che avevamo.
Siamo entrati in sala, e, considerando il tipo di frattura, abbiamo inserito un chiodo endomidollare di Sign, con approccio anterogrado.
L'indomani, come di solito capita, abbiamo trasportate il paziente a Meru per la lastra di controllo: ed ecco che abbiamo scoperto il problema.
La lastra preoperatoria era incompleta e non conteneva il ginocchio, ragion per cui la seconda frattura piu' distale ci era sfuggita. Il nostro chiodo era troppo corto e quindi l'intervento praticamente inutile.
Abbiamo quindi dovuto parlare al paziente, scusarci con lui e riportarlo in sala il giorno seguente.
La complessita' della frattura (in tre pezzi) e l'esiguita' del moncone osseo distale ci hanno convinti a rimuovere il chiodo endomidollare precedentemente usato ed a seguire un approccio retrogrado per la fissazione della frattura. E' stato anche necessario aggiungere una placca nel settore piu' prossimale.


Il poveretto poi, il giorno seguente il secondo intervento, si e' nuovamente sorbito un viaggio a Meru, su strade sconnesse e piene di buche, per la nuova lastra di controllo: per fortuna stavolta la fissazione interna sembra stabile e tutte le fratture sono ridotte.
E tutto questo e' nato dal fatto che la prima lastra era fatta male ed in modo incompleto!
Ora pero' il malato e' contento e non ha piu' male.
E' stata un'esperienza per me molto ansiogena!

Fr Beppe



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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