venerdì 4 dicembre 2009

Condizioni di lavoro non ottimali

Un ospedale missionario ha normalmente il problema del poco personale disponibile. Quando parliamo di chirurghi poi, la difficoltà si fa ancora piu’ evidente, in quanto essi si possono relazionare solo a me o a Ogembo per le loro necessità organizzative. A questo si aggiunga la questione linguistica, che sovente impedisce ogni comunicazione tra i volontari ed il mio collaboratore medico.
La chirurgia poi e’ esigentissima per noi. Dobbiamo seguire la pulizia della sala dopo ogni intervento; dobbiamo lavare e sterilizzare ferri, teli e camici a ritmo continuo.
SalaOperatoria.jpgMolte volte il chirurgo non si rende conto che, mentre lui e’ andato a mangiare dopo un’operazione, noi abbiamo portato la paziente fuori dalla sala, abbiamo lavato la stanza, e ci siamo impegnati per preparare la prossima operazione. Allo specialista italiano sembrerà che ci siano tempi morti di lunghezza inaccettabile tra una procedura chirurgica e la seguente... ma il personale di sala neppure va a pranzo, al fine di far scorrere la lista operatoria!
Per quanto mi riguarda poi, uscito da un intervento, normalmente devo portarmi avanti con ecografie, gastroscopie, ecc... perche’ non si puo’ chiudere l’ospedale quando ci sono dei chirurghi. Sia in ambulatorio che in reparto ci sono tanti che aspettano la nostra attenzione.
E’ chiaro che l’ enzima limitante di tutta questa situazione e’ il sottoscritto, il quale, oltre a vedere i pazienti dei chirurghi, oltre a preparare la lista e coordinare il lavoro in sala, deve anche poi seguire il normale andamento di tutto l’ospedale.
E che dire poi della maternita’, dove non mancano mai emergenze di giorno e di notte? Quando capitano due o tre cesarei urgenti, la lista operatoria si fa esigente e spesso impossibile da portare a termine… e la vita diventa davvero durissima (oggi per esempio abbiamo lavorato non-stop fino alle 23). Io poi mi accorgo, alla fine della giornata, di essere stato sempre in sala, e di non aver la più pallida idea dei problemi di chi è ricoverato in reparto per problemi medici.
Altro problema aggiuntivo è rappresentato dal fatto di avere chirurghi di specialita’ diverse, ognuno con le sue priorità in sala: seguire un chirurgo generale ed un ortopedico non è affatto un gioco, per il modo in cui Chaaria è organizzata. Certo, se avessimo più di una sala operatoria e personale completamente dedito alla chirurgia; se la maternità, i reparti e gli ambulatori fossero totalmente indipendenti e con uno staff loro proprio, il problema non si porrebbe e potremmo forse seguire senza problemi due o tre team diversi di specialisti.
Ma per come siamo organizzati ora, tutto sommato penso che possiamo gestire un chirurgo per volta solamente… magari accompagnato da un suo anestesista.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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