sabato 5 dicembre 2009

Impressioni di un volontario appena rientrato in Italia

Ho aspettato un po' prima di scrivere due righe di ringraziamento in attesa che si dileguasse la commozione dovuta alla partenza da Chaaria e nella speranza di essere  più obbiettivo... ma è inutile aspettare: siete entrati dentro il mio cuore e li' rimarrete, imprigionati nell'amalgama di nostalgia che si sviluppata in questa breve permanenza presso di voi. 
Kimani prima di partire ci ha dato una sua lettera: erano segni strani che non rispondevano a nessuno degli alfabeti conosciuti; era dedicata a me e a tutti noi volontari, e, a suo modo ci voleva ringraziare, salutare ed abbracciare; ci sono venute le lacrime e anche adesso che ti scrivo continuano a scorrere.

Un volontario

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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