sabato 12 giugno 2010

Una lettera di Pietro

Carissimo Beppe, è sabato mattina, il cielo è azzurro e terso, la temperatura è gradevolissima, con un venticello che agita le foglie nel bananeto.
L'ambulatorio è vuoto..c'è pace. Sono perfino riuscito a vedere tutti gli operati, aggiornare le cartelle e fare qualche dimissione. Nei 6 giorni lavorativi da che sono qui sono stati fatti 46 interventi (tra cui 10 cesarei, due prostate, 5 ernie, un'isterectomia totale) e 21 gastroscopie con un terrificante riscontro di neoplasie. A gestire tutto ciò (giorno e notte) sono state Makena, Kanyua e Celina, quasi sempre solo in due da mattina a sera. Oltretutto, tra una cosa e l'altra mi facevano da interprete per gli interminabili outpatient (qui non c'è il CUP: chi arriva, arriva e non puoi dirgli di tornare domani).
Verso sera erano "cotte", ma mai un gesto di stizza o un lamento. Inevitabilmente il pensiero mi corre a certi nostri reparti, servizi o attività "sospese per mancanza di personale".
Si stava meglio quando si stava peggio?. Mi chiamano per una gastroscopia...buon weeck end e a presto.
 
Pietro Rolandi

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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