Sono le 3 di mattina ed il cercapersone squilla senza pieta’... mi giro tra
le coperte; spero che non sia vero, ed invece riprende a suonare e Kathure dice
di correre presto: stavolta pero’ non e’ un cesareo. Si tratta di una donna che
era caduta a terra la sera precedente alle ore 19, riportando una ferita
profonda sulla fronte e sulla palpebra destra, probabilmente a causa di un
grosso sasso.
La paziente e’ arrivata cosi’ tardi nel cuore della notte, perche’ i suoi
familiari non hanno trovato un matatu ed hanno dovuto camminare fino a Chaaria.
Nonostante le condizioni precarie, la donna ha percoso circa 14 chilometri a
piedi. Ora e’ fredda e non ha pressione. La suturo velocemente per fermare il
sangue che ancora scorre abbondante. Fortunatamente non vedo fratture ossee
attravero la profonda lacerazione dei tessuti. Il problema e’ che la donna sta
peggiorando ed abbiamo bisogno di infondere liquidi. Insieme alle infermiere
diamo del nostro meglio per trovare una vena, ma sono tutte collassate. La
mamma sta andando in shock, e noi la stiamo a guardare impotenti. Provo la
giugulare, ma anche questa sembra scomparsa a causa del polso sempre piu’
flebile... non c’e’ verso; non riesco a incannularla. Sto per gettare la
spugna, ma voglio ancora provare la femorale. Senza troppa convinzione (sono
anche molto assonnato) ci tento alcune volte, e, quando ormai avevo deciso di
aver fallito anche quest’ultima possibilita’, vedo del sangue che fuoriesce
dalla cannula: Claudia mi dice esultante: “you are in = sei dentro”. Corre a
prendere una flebo e infondiamo velocemente un litro e mezzo di soluzione
elettrolitica. Attraverso quella via pratichiamo anche gli antibiotici. Ora
sono solo le quattro di mattina ma non si puo’ aspettare. Faccio i gruppi
sanguigni e le prove crociate. Prima delle 9, la paziente e’ gia’ stata trasfusa,
e’ stabile e cosciente, anche se il suo volto e’ gonfio come quello di un pugile
alla quindicesima ripresa. Ringraziamo il Signore.
Sara’ pero’ molto dura continuare tutta la giornata visto che la notte e’
stata veramente troppo breve.
Vorrei andare a colazione, ma vengo fermato dalle nuove infermiere che mi
chiedono aiuto per alcuni bambini ancora senza vena: hanno lavorato per ore,
senza successo. E’ strano... questo era un problema che vivevamo nei primi anni
di Chaaria, quando molte delle chiamate anche notturne erano legate al
reperimento di un accesso venoso in un paziente pediatrico. Poi la situazione
era migliorata tantissimo, soprattutto grazie alla grande esperienza ottenuta
dalle nostre infermiere.
Ora pero’ il problema si ripropone prepotentemente perche’ lo staff e’
quasi tutto cambiato: molti hanno scelto di lavorare in strutture governative,
altri hanno deciso di occuparsi di cliniche private da loro stessi aperte nel
circondario... e noi ci ritroviamo con un turn over velocissimo del personale,
che ci sta creando non poche difficolta’. Quasi tutte le nuove infermiere
infatti sono fresche di scuola, e questo fa si’ che manchi tutto quel bagaglio
di esperienza che spesso conta piu’ della scienza teorica.
Mi impegno a fondo e ci provo. Cercare una vena ad un bambino grave e’ a
volte molto frustrante, perche’ ci vogliono ore, il piccolo sta malissimo, e la
madre che te lo tiene fermo e’ chiaramente sempre piu’ disperata. Non e’
infrequente dover mandare fuori le mamme, e chiedere ad un membro dello staff
di sostenere il piccolo, perche’ la donna non ce la fa piu’ e rischia il
collasso o la crisi isterica.
Ho successo su due bimbi ed incannulo la giugulare esterna. Per uno proprio
non riesco a fare altro che proporre l’intervento. E’ una brutta procedura:
devi portare il piccolo gia’ molto grave in sala, rischiare una anestesia
generale, e poi operare quello che in Inglese si chiama “cut down”: in pratica
fai una incisione al livello della caviglia e poi cominci a scavare tra i
muscoli, finche’ trovi la vena. A questo punto inserisci la cannula nel vaso
sanguigno, la fissi con delle suture riassorbibili, e richiudi la ferita. Sono
cosi’ stanco che penso di non avere la lucidita’ sufficiente, e lascio
l’ingrato compito al Dott Ogembo che pian piano ci riesce, con la valida
collaborazione di Jesse. Immediatamente quindi iniziamo la trasfusione di cui
il pupo ha assolutamente bisogno. La sua emoglobina e’ infatti 2 grammi, e la
sua respirazione e’ ormai molto superficiale. Anche lui e’ vittima di una
malaria grave che in questi giorni riprende a falcidiare grandi e piccoli senza
pieta’, dopo la pausa offertaci dai mesi freddi.
Vado ora a pregare un momento, passo dalla cucina a prendere un po’ di
caffelatte, ed aspetto che Makena nuovamente pulisca la sala operatoria: oggi
abbiamo ancora una isterectomia (cioe’ dobbiamo togliere l’utero ad una donna
che ha gravi emorragie). Per me e’ ancora un signor intervento, e non ha il
carattere di normalita’ ormai assunto dal cesareo. E’ meglio che chieda un po’
di lumi e di forza al Signore prima di imbarcarmi in questa nuova “impresa
chirurgica”.
Ciao. Fr Beppe
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