Erano le 3 di notte
quando sono arrivati in ospedale tre giovani che avevano deciso di “sistemarsi
per le feste” a vicenda con alcuni colpi di machete. Tutti avevano ferite sulla
testa ed uno anche sulla mano destra.
Li abbiamo suturati con pazienza: uno di
loro aveva una piccola ferita superficiale ed è stato dimesso, mentre per gli
altri due la situazione era ben più complessa ed ha richiesto il ricovero.
Alle 3.20, nel bel mezzo
del lavoro di “cucitura”, è arrivata una chiamata dalla maternità rurale di
Kaongo: “abbiamo una partoriente con disproporzione cefalopelvica, che è stata
in travaglio da stamattina e non progredisce. Crediamo che abbia bisogno di un
cesareo e chiediamo urgente trasferimento nella vostra struttura”.
E’ stato necessario
coinvolgere Giancarlo per il trasporto in ambulanza...quella maternità infatti
non è dotata di mezzi di trasporto!
Il lavoro di sutura era praticamente
terminato quando la donna è arrivata in ospedale accompagnata da fr Giancarlo e
da un nostro infermiere. E’ stata visitata dall’osterica della nostra
maternità, la quale però ha espresso speranze che il parto naturale fosse
ancora possibile. Ci ha chiesto quindi di non correre subito in sala per il
cesareo, in quanto il battito fetale era buono e si poteva pensare di dare alla
donna ancora un po’ di tempo per il travaglio.
La cosa non ci è
dispiaciuta in quanto speravamo di poter prendere un po’ di sonno prima del
mattino. Di solito le nostre ostetriche sono molto brave, e raramente si
sbagliano.
Ci siamo quindi diretti
verso le nostre camere sotto un cielo stellato e limpidissimo, nonostante la
stagione delle piogge.
Andati a letto però, è
stato un dramma tentare di addormentarsi: la tensione della chiamata notturna
alle 3; l’adrenalina rilasciata per far fronte alle varie suture; il tempo
trascorso in sala operatoria ci avevano svegliati fin troppo bene.
Ci siamo rigirati nel
letto a più non posso, senza trovare una posizione: il materasso ed il cuscino
sembravano di pietra, tanto erano duri e poco confortevoli.
Ho sentito ancora la
campana della parrocchia che suonava per la messa alle 6; poi devo essermi
finalmente addormentato.
Erano però passati solo
15 minuti quando i miei dolci sogni sono stati nuovamente interrotti dal
telefono: “accidenti”, ho esclamato con una vena di disperazione.
“Doctor, vieni per un
cesareo”: riconosco la voce squillante di Dorothy
“E’ la paziente di
Kaongo?”, ho chiesto, tanto per dire qualcosa.
“Sì, è lei ed adesso c’è
un distress fetale”
“Lo sentivo che non ce
l’avrebbe fatta”, ho mormorato tra di me mentre, assonnato più che mai mi
dirigevo alla stanza di Giancarlo per chiamare anche lui, che certamente non è
in condizioni fisiche migliori delle mie.
Il cesareo comunque è
andato benissimo: la spinale mi è venuta al primo colpo, l’estrazione del feto
è avvenuta in meno di 4 minuti, e l’intervento
non è durato più di 30 minuti dal primo taglio sulla cute all’ultimo
punto di sutura. Soprattutto, il bimbo è nato in ottime condizioni: ha pianto
subito ed ha persino urinato in sala mentre ancora era sul lettino operatorio.
Peccato che poi ci sia
stato solo in tempo di una rapida colazione prima dell’inizio del consiglio di
amministrazione dell’ospedale, proprammato per oggi da tantissimo tempo.
Dure notti di Chaaria, da
cui non c’è mai tempo per riprendersi, in quanto di giorno poi non ci si può
riposare, ma si continua a correre!
Fr Beppe Gaido
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