giovedì 29 novembre 2018

Pazienti che ci apprezzano

Quelli di oggi sono solo dei flash che comunque rappresentano momenti di grande gioia per il mio cuore:
1) E’ sabato mattina e vedo arrivare una ambulanza tutta impolverata.
Da essa scende un’infermiera la cui divisa e’ ormai rossa come la nostra terra. Le chiedo: “da dove vieni?”
Quasi a giustificarsi la collega mi dice: “dal Tharaka District Hospital. Saremmo andati senza problema al Meru Level 5 Hospital per il cesareo, ma la mamma ha insistito fortemente che lei voleva venire a Chaaria”.
Le ho quindi risposto: “non ti preoccupare! Siamo qui per questo!
Anzi, quello che mi dici riempie il nostro cuore di gioia”.
2) Amina Guyo e’ una vecchia signora di Marsabit approdata a Chaaria per un grosso prolasso uterino. Non conosce una parola di kiswahili e quindi risulta estremamente difficile sia per me che per lo staff comunicare con lei.
La visitiamo indicandole le posizioni con i gesti e poi decidiamo di operarla. Per il consenso informato dobbiamo aspettare l’orario di visita e comunichiamo con lei con la mediazione del figlio.
Amina non sceglie la sospensione od il cerchiaggio: decisamente opta per l’isterectomia.
Fare la spinale e’ stato un altro momento duro che ha messo a dura prova la pazienza di Jesse e si Pasqualina. 


L’intervento pero’ e’ andato molto bene, e siamo riusciti a fare una buona isterectomia totale con sospensione della vescica. Nel post-operatorio non ci sono stati problemi ed Amina e’ tornata a casa ieri, dopo aver tolto tutti i punti. Con mia sorpresa mi sono trovato sulla tastiera del computer una lettera firmata da lei: evidentemente l’aveva scritta il figlio, in quanto lei e’ illetterata. 
La lettera e’ commovente. Ha ringraziato tutti per il modo in cui l’abbiamo accolta e trattata dal primo giorno. Ha ringraziato Dio per noi a motivo del fatto che eravamo stati in grado di identificare e risolvere chirurgicamente il suo problema. 
Ha aggiunto di aver visitato molti altri ospedali, dove nessuno le aveva mai detto con chiarezza quale fosse il suo problema, e soprattutto non aveva mai fatto nulla di significativo per aiutarla a guarire.
La sua letta si conclude in modo commovente con la frase seguente: “preghero’ Dio per voi. Grazie per avermi restituita ai miei figli completamente ristabilita”.
3) Suleiman e’ un giovane uomo sulla trentina. E’ giunto a Chaaria con ma mano sinistra completamente paralizzata. Sull’avambraccio aveva una ferita di vecchia data e non suturata. Ci ha detto di essere stato vari giorni in un altro ospedale dove nessuno lo aveva neppure cucito.
A questo punto aveva scelto di firmare la lettera di dimissione e di venire a Chaaria, “perche’ so che qui avreste fatto qualcosa per me”, mi ha detto candidamente.
Ed in effetti noi ci abbiamo provato. 
Abbiamo dovuto togliere tutto il tessuto di granulazione anomale ed andare alla ricerca dei tendini, ormai intrappolati in una cicatrice abnorme. Abbiamo liberato i tendini incarcerati nelle aderenze e suturato quelli sezionati dalla panga del suo assalitore. Il taglio era vecchio di 15 giorni, per cui tutto e’ stato piu’ difficile. Ora Suleiman ha il gesso: speriamo che possa riprendere l’uso della mano.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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